3 Aprile 2025 - di Stefano Olivari
Il pareggio di Napoli-Inter e quello dell’Atalanta fanno rientrare la Juventus nella lotta scudetto, visto che adesso la squadra di Thiago Motta è quarta a 6 punti dall’Inter, a 5 dal Napoli e a 3 dall’Atalanta, in una Serie A che sta proponendo un equilibrio mai visto negli ultimi decenni, con 8 squadre nel giro di 15 punti. Livellamento verso l’alto o verso il basso? Ognuno ha la sua risposta, ma certo come incertezza non ci si può lamentare. Non è chiusa nemmeno la lotta salvezza, ultimo posto del Monza a parte, visto che il Venezia penultimo è a 5 punti dal Parma diciassettesimo.
Un’Inter ai minimi termini a livello fisico quasi stava per chiudere il discorso scudetto al Maradona, prima del pareggio di Billing nel finale. Ma alla squadra di Simone Inzaghi è andata di lusso, visto che nel primo tempo la partita è stata equilibrata, mentre nel secondo la superiorità del Napoli è stata schiacciante, come dicono anche i numeri: 19 tiri a 6, 12 calci d’angolo a 3, 34 cross a 10 e il 62% di possesso palla per la squadra di Conte, alla sua miglior partita degli ultimi tempi. I problemi fisici dell’Inter si vedono anche dagli infortuni sempre più frequenti, come quelli che all’inizio del secondo tempo hanno levato dalla partita Calhanoglu e Dimarco, autore del gol del vantaggio su punizione, e dai recuperi spesso affrettati come quello di Marcus Thuram che sulla partita ha inciso pochissimo. Anche in queste condizioni, e con un Lautaro Martinez cancellato da Buongiorno, l’Inter ha dimostrato di non essere capolista per caso e di avere un’anima: la difesa ha tenuto botta con un ottimo Bastoni, dei tanti tiri del Napoli ben pochi sono stati pericolosi, alla vigilia per uscire con un pareggio da questa trasferta avrebbe firmato. Ma l’impressione è stata negativa, quella di Inzaghi è una squadra stanchissima.
Il Napoli è un punto dietro all’Inter, ma con un calendario migliore e soprattutto un calendario meno affollato. L’Inter, ancora in corsa su tre fronti, in campionato deve ancora affrontare Atalanta, Bologna, Roma e Lazio. Il Napoli deve affrontare invece soltanto, si fa per dire, tre partite contro grandi o presunte tali: Fiorentina, Milan e Bologna. A queste considerazioni sul futuro si sommano quelle storiche: Inzaghi è uno che le stagioni le chiude bene, ma Conte addirittura benissimo. Quindi senza mettersi a fare tabelle si può dire che il Napoli sembri leggermente favorito. Non è un miracolo, come vorrebbe far credere Conte in modo che si dica ‘Il Napoli di Conte’ e lui a fine stagione possa fare qualsiasi cosa, in teoria anche tornare alla Juventus, venendo esaltato a prescindere. Rimane il fatto che lui è in lotta per lo scudetto senza Osimhen e Kvaratskhelia, con un Lukaku che rimane il suo attaccante ideale ma che continua a sbagliare gol clamorosi.
La classifica dice che l’Atalanta è a una vittoria di distanza dall’Inter, la realtà che ha buttato via lo scudetto non soltanto con lo 0-0 contro il Venezia ma anche in altre occasioni con realtà medie e piccole. Per Gasperini 4 punti nelle ultime 5 partite casalinghe, con i sanguinosi pareggi contro Torino, Cagliari e Venezia e un attacco che si è inceppato con qualsiasi assetto tattico: con la squadra di Di Francesco il tridente Lookman-Retegui-De Ketalaere è stato schierato dal primo minuto ma senza grandi risultati. Oltretutto il Venezia ha con Zerbin anche avuto il pallone della vittoria, sarebbe stato troppo ma rimane il fatto che adesso all’Atalanta rimangono da affrontare nelle prossime 6 partite Juventus, Inter, Fiorentina, Lazio, Bologna e Milan. Non è detto che sia un male, ma la sensazione è che il treno sia già passato e questo Gasperini polemico, senza avere le idee chiare sul suo futuro (lui bravissimo, ma quale grande club gli darebbe una chance a 67 anni?), invece di dare la scossa alla squadra la stia traghettando verso una comunque eccellente qualificazione Champions prima dei saluti, con i Percassi (questa la vera novità) e tantomeno Pagliuca che non faranno le barricate per trattenerlo.
Non è ben chiaro il motivo per cui Kephrem Thuram non sia titolare fisso nella Juventus e dopo la sua prestazione contro il Verona sembra impossibile che Thiago Motta rinunci a lui in un finale di stagione che potrebbe riservare sorprese clamorose, visto che i bianconeri stanno bene fisicamente e che molto dipenderà dal rendimento delle punte visto che Vlahovic continua a essere un caso e che a Kolo Muani stanno prendendo le misure. Dal trionfalismo estivo al disfattismo cosmico dopo l’eliminazione dalla Champions fino a uno scudetto comunque ancora lontano, perché i punti da recuperare sono 6 ma le squadre davanti sono 3.
La vittoria della Lazio a San Siro allontana ulteriormente il Milan dalla zona Champions League, che adesso a 11 giornate dalla fine è a 11 punti di distanza, quelli che separano il Milan incredibile nono in classifica dal quarto posto proprio della Juventus. Di solito una situazione che porta al metaforico linciaggio dell’allenatore, ma in questo caso specifico no perché gran parte dei tifosi del Milan se la sta prendendo con una dirigenza che ha speso tanti soldi, anche al mercato di gennaio, ma li ha spesi male e soprattutto non ha creato un buon ambiente. Cardinale è lontano, Scaroni parla solo dello stadio nuovo, Furlani è in bilico, Moncada è rimasto un bravo osservatore e il direttore sportivo è una carica vacante, quindi è è chiaro che il volto dirigenziale del fallimento rossonero sia quello di Zlatan Ibrahimovic. La cui colpa non è la mancanza di umiltà (gli hanno contestato anche il servizio posato perr GQ) ma la sua mancanza e basta. Essere vicino alla squadra non significa fare qualche discorso ogni tanto in stile Al Pacino di Ogni maledetta domenica, ma mettere tutti in condizioni di lavorare meglio, evitando che certi casi degenerino. Perché non è possibile che Theo Hernandez e Rafael Leão siano i problemi del Milan, quando in teoria sarebbero i giocatori più forti. Allo stato attuale il Milan non sarebbe nemmeno in Conference League, il suo orizzonte adesso è quello di conquistare l’Europa (League) o sorpassando Fiorentina e Roma o vincendo la Coppa Italia dopo aver superato l’Inter nei derby di semifinale. Scenario meno peggio del presente, sia pure con la prospettiva inaccettabile, dal punto di vista della proprietà, di rientrare in Champions non prima del 2026. Insomma, se Conceiçao è a termine, anche perché la parte garantita del suo contratto scade a giugno, Ibrahimovic è a rischio.
Non si può dire che la Roma al Sinigaglia abbia dato lezioni di calcio, anzi, ma di sicuro è tornata a casa con 3 punti battendo in rimonta un Como molto buono, grazie anche al fatto di avere giocato quasi mezzora in superiorità numerica per l’espulsione di Kempf. Poi si può dire che Ranieri abbia battuto il suo possibile successore Fabregas con i cambi, ma tutti fanno i cambi (al di là del fatto che anche al bar avrebbero messo dentro Saelemaekers e Dovbyk) e comunque la Roma ha rischiato di subire il 2-2. Rimane il fatto che i punti giallorossi nelle ultime 11 gare di campionato sono 27, che nel 2025 nemmeno chi lotta per lo scudetto abbia fatto meglio della Roma di Ranieri e che l’Europa da sogno impossibile si sia trasformata quasi in realtà, anche se Lazio è sopra di 7 punti.
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Articolo Pubblicato il: 3 Marzo 2025 |
Scritto da: Stefano Olivari |
Laureato in Economia e Commercio all'Università Bocconi, ha iniziato a scrivere nel 1994 per La Voce di Indro Montanelli, proseguendo con testate come La Repubblica, Mediaset, Radio RAI e Guerin Sportivo. Nel 2000 ha fondato il sito Indiscreto, punto di riferimento per lo sport e i media. Autore di dodici libri su sport e cultura pop. |
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