Quali sono le squadre più tifate d’Italia? Dovrebbe essere una domanda con una risposta oggettiva, vista la quantità di strumenti di misurazione a disposizione.
In realtà i numeri sono oggetto di disputa, soprattutto quando sono piccoli, anche perché in parte contribuiscono a definire la spartizione dei diritti televisivi.
Vediamo comunque, facendo una media fra le varie rilevazioni, con un’approssimazione di più o meno 5.000, quali risultano essere le prime 30 squadre in Italia per numero dei tifosi in Italia e sottolineiamo ‘In Italia’. Perché se lo sguardo si allarga è chiaro che il divario fra i grandi club, con visibilità internazionale data dalla Champions League, e gli altri aumenta in maniera quasi imbarazzante.
Sommario:
La squadra bianconera è tradizionalmente quella più tifata d’Italia, oltre a essere quella meno identificata con la sua città, cioè Torino. Una caratteristica che la rende la prima squadra tifata nelle località in cui non ci può essere un derby: ad esempio a Firenze è normale che chi non tifa Fiorentina possa preferire la Juventus alle altre squadre, diversamente da quanto accade con Inter e Milan a Milano, Roma e Lazio a Roma, eccetera. La Juventus nel 2024 ha fra gli italiani che seguono il calcio 8.725.000 tifosi.
La seconda squadra d’Italia per numero di tifosi è nel 2024 l’Inter, con 4.100.000 simpatizzanti, ma non è sempre stato così perché fino a circa il 2010 la squadra nerazzurra è stata terza, dietro il Milan, e soltanto in anni recenti c’è stato il sorpasso. Anche l’Inter, come la Juventus, ha un tifo diffuso in tutta Italia, ma è storicamente più forte a Milano e dintorni e nel Sud, mentre è più debole al centro.
Al terzo posto del podio delle squadre più tifate d’Italia c’è il Milan, cioè un’altre delle tre squadre davvero nazionali, con un significativo numero di tifosi in ogni regione. I rossoneri hanno avuto un periodo di boom, nel senso di acquisizione di nuovi tifosi al di fuori dei soliti meccanismi familiari, nell’era Berlusconi, iniziata nel 1986 e proseguita con grandi vittorie nazionali e internazionali (cinque Coppe dei Campioni-Champions League) fino al 2007, prima di terminare nel 2017. Ma già prima di Berlusconi aveva un tifo non soltanto milanese ma italiano, grazie all’era del Gre-No-Li, quindi primi anni Cinquanta, e soprattutto a quella di Gianni Rivera, con i successi degli anni Sessanta (due Coppe dei Campioni, fra le altre cose).
In grande ascesa è il tifo per il Napoli, una volta confinato cin città e provincia, ma non esteso nemmeno alla Campania. Merito di Diego Maradona, arrivato al Napoli nel 1984, se il Napoli è diventato per molti un simbolo del Sud oltre che di Napoli. Dopo qualche anno negativo con De Laurentiis è iniziata la risalita, anche nelle preferenze del pubblico, fino allo scudetto vinto nel 2022-23 con Spalletti in panchina: la differenza rispetto ai tempi di Maradona è che il Napoli odierno ha anche un’immagine internazionale e viene percepito diversamente. Non proprio come una squadra delle tre ‘nazionali’ ma senz’altro come un’entità che vada al di là del suo bacino di utenza.
La storia della Roma è quella di un tifo fortemente identitario, concentrato nella capitale d’Italia e nei dintorni, con simpatia raccolta un po’ ovunque ma non in dimensioni numericamente rilevanti. Alla fine gli 1.895.000 sono frutto della tradizione, alimentata da pochi scudetti (tre) e dai grandi campioni che hanno vestito la maglia giallorossa, da Falcão a Totti.
La squadra biancoceleste è nettamente la seconda a Roma, a grande distanza dalla Roma, ma ha un grande seguito nel Lazio e poco nelle altre regioni. Certo la sua aura di squadra maledetta, pensando soprattutto al gruppo dello scudetto 1973-74 che aveva in Giorgio Chinaglia il frontman, l’ha resa di culto più delle vittorie (scudetto 1999-2000 compreso) della Lazio di Cragnotti e Eriksson.
Caso simile alla Roma, di squadra molto tifata nella sua città, anzi in questo caso ancora di più perché a Firenze non è mai esistito un vero derby, ma meno nel resto della regione dove per reazione il tifo converge sulle squadre locali o sulla Juventus.
Caso di squadra che rappresenta non soltanto la sua città ma tutta la sua regione, un meccanismo scattato ai tempi di Gigi Riva e dello storico scudetto 1969-70. Da quei tempi il Cagliari purt essendo spesso in A non più tornato a lottare per grandi traguardi, ma quel mito è rimasto intatto. Tifoseria non in aumento ma nemmeno in diminuzione, grazie a meccanismi identitari.
Discorso complesso per la squadra granata, che non vince uno scudetto dal 1975-76, era la squadra di Pulici e Graziani, ma che deve quasi tutta la sua immagine al Grande Torino di Valentino Mazzola e Maroso, scomparso nel 1949 nella tragedia di Superga. Il rispetto per la tradizione, con simpatie raccolte in molte parti del Piemonte e d’Italia, non è stato nell’ultimo mezzo secolo accompagnato né da risultati né da troppe emozioni date dalla squadra. Che ha perso la supremazia cittadina (una volta si diceva che il Torino fosse la vera squadra dei veri torinesi) e lentamente ha visto erodere il suo bacino di utenza, con le glorie riferite a un passato sempre più lontano.
Tifo identitario più simpatia, moderata perché i cambiamenti nel tifo sono lentissimi nel corso del tempo, per il progetto dell’Atalanta recente, quella che con Gasperini allenatore è diventata una delle squadre più rispettate d’Europa.
Glorie molto lontane nel passato, un po’ come il Torino, ma un presente più brillante rendono il Bologna una squadra con un tifo stabile anche perché molto radicato nella città capoluogo e in un’immagine alimentata dai tanti artisti-tifosi.
Per anni seconda squadra di Genova, il tifo per la Sampdoria è quasi raddoppiato grazie all’epoca d’oro di Mantovani, con in campo Vialli, Mancini e tutti gli altri campioni dello scudetto 1990-91. Il successivo ridimensionamento, prima della retrocessione ha fatto diminuire soltanto di poco i numeri, a riprova del fatto che il tifo si costruisce nel tempo e che non è un fenomeno effimero.
Il seguito del Genoa affonda le sue radici nella storia del calcio italiano, visto che tutti i suoi principali successi risalgono alla fine dell’Ottocento e all’inizio del Novecento. E per circa un secolo questo tifo è rimasto stabile, puntando più sulla genovesità che sul valore della squadra.
Pur avendo avuto poche età dell’oro, l’Udinese è dagli Novanta che è stabilmente nel calcio che conta. Nel mondo si è fatta conoscere per il clamoroso ingaggio di Zico, nell’estate 1983, ma non è che questo abbia portato a un’esplosione di numeri, che sono solidi ma rimasti confinati a logiche locali, Udine e il Friuli.
Una delle squadre simbolo del calcio italiano degli anni Novanta, grazie ai soldi di Tanzi, ha sempre avuto una fanbase locale anche se in certi periodi ha ottenuto simpatie anche nel resto d’Italia. I proprietari americani potrebbero però rilanciare il marchio nel mondo, anche se la differenza in questo caso la possono fare soltanto le vittorie internazionali.
Il progetto con i soldi di Squinzi si è sempre scontrato con la realtà di giocare in un’altra città, Reggio Emilia, e di non essere mai stati in fondo in lotta per qualcosa. Con investimenti e vittorie molto minori il Sassuolo ha però raggiunto un numero di tifosi non lontano da quello del Parma.
Lo storico scudetto 1984-85 ha influito poco sulla fanbase di una squadra amatissima in città e nei dintorni, ma poco tifata nel resto del Veneto e d’Italia. Squadra fra l’altro uscita troppo presto dai radar del grande calcio per godere di simpatie trasversali.
Un tifo molto locale ma anche molto appassionato, che non sconta più di tanto la vicinanza con Firenze e che si è consolidato dagli anni Ottanta a oggi, con un numero di campionati di Serie A superiore a quello di tante grandi città.
Anche in questo caso tifo locale, che si nutre anche della contrapposizione con l’Atalanta anche se il nuovo status dei bergamaschi rende questa considerazione meno valida per il futuro. Qualche simpatia trasversale raccolta nei quattro anni con Baggio in squadra, ma numeri comunque piccoli.
Tifo locale che in certi anni ha avuto l’ambizione di rappresentare la Puglia, anche se la stessa ambizione ce l’hanno avuta anche Bari e Foggia. Di sicuro la frequente presenza in Serie aiuta a non perdere tifosi in una zona con tanti juventini e interisti.
I recenti exploit, con la promozione in A, hanno limitato l’erosione del tifo per una realtà con un ottimo bacino di utenza ma che ovviamente si scontra con Roma, Lazio e le tre grandi nazionali.
La presidenza Iervolino, seguita alla comunque importante era Lotito, ha fatto entrare il club in una dimensione nuova anche se già uno zoccolo duro di campani che non vogliono tifare Napoli c’era.
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